Di seguito pubblichiamo quest’appassionata recensione che ci ha donato Francesca Girardi dopo aver assistito alla serata “Art Pot” al Bookique e, con l’occasione, aggiungiamo qualche foto tratta dai video che ci ha realizzato Diana Carlin.
“Art pot”, la traduzione delle singole parole è “arte”, pentola” e messe qui così nulla dicono. Tuttavia se ci approcciamo a loro con una traduzione letterale, cercando di andare oltre il semplice significato, ne può uscire questo: “calderone delle arti”. Trapela la musicalità, l’armonia e si svelano peculiarità nascoste che diventano vive nel momento in cui si partecipa a una serata dove poesia, musica, cinema vengono mescolati assieme.
Mercoledì 17 maggio presso il bar letterario Bookique, l’arte musicale dei Radio Days ha incontrato l’arte poetica della scrittrice Sara Fruner, il tutto accompagnato da cortometraggi che hanno segnato la storia del cinema. L’idea di “Art Pot” ha tratto ispirazione dalla Choréia una e trina propria della Grecia antica, con la differenza che accanto a poesia e musica, il cinema ha sostituito la danza. Una rivisitazione nata non certo per caso, ma volta a includere uno dei tanti significati nascosti nella parola “danza” e, infatti, riportando le parole di Sara: “In fondo… se ci pensiamo… il cinema è movimento…”.
La scrittrice si è presentata al pubblico tramite le parole del componimento “Sei”, poesia nata in concomitanza con il trasferimento nella metropoli di New York, per poi lasciare che la musica fosse il biglietto da visita dei Radio Days.
Da quel momento un fuoco di semplicità, genuinità e genio ha iniziato a far bollire questo calderone d’arte, accompagnando spettatori e ascoltatori ad assaporare ogni singolo ingrediente. Non una serata da vedere e ascoltare, tutt’altro. È stata una serata da gustare, un dialogo, una conversazione spontanea e sincera. La lettura delle poesie di Sara, un misto di biografia, immagini, sogni, ma anche perplessità e riflessioni, girava vorticosamente amalgamandosi con gli spariti di pianoforte, trombone, tuba per poi far gustare agli occhi immagini di un tempo artistico passato.
Sono così trascorse poco meno due ore che in fase conclusiva ci hanno svelato l’ingrediente nascosto: l’inaspettata musicalità di componimenti in lingua inglese, dove il significato e la traduzione delle parole ha lasciato il posto al suono proprio di una lingua che, come Sara ci ha confidato, non solo si sente, ma si respira nella brulicante atmosfera newyorkese.
“Art Pot”, un viaggio che ha avuto inizio dall’antica Grecia per poi arrivare a gustare, con note blues, una poesia d’oltreoceano.
A Voi la lettura di una delle tante poesie “protagoniste” della serata…
LA DONNA – di Sara Fruner
un giorno
la bellezza disse no
alle fredde lusinghe del marmo
alle lacrime di gioia dei colori
infilò una spina dorsale
dieci dita
per biscotti e tastiere
poemi e ceffoni
calzò un paio di piedi
non sempre intonati
la voce si schiarì
per dar carne al verbo
e la donna fu
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I Volti di Art Pot: Sara Fruner, Michele Kettmaier, Fabrizio Carlin