Per caso mi sono accorto qualche giorno fa che il 9 febbraio ci ha lasciati il pianista e compositore Chick Corea, stroncato da un tumore all’età di 79 anni. Normalmente questo blog non si occupa di necrologi di musicisti, ma questa volta ho deciso di fare un’eccezione ed il motivo è presto detto: credo che il suo LP “Return to forever” (ECM 1022 del 1972, nella foto qui sopra) fu il disco che più mi fece appassionare alla musica e che fece scattare in me una curiosità quasi maniacale nell’esplorare il mondo del jazz attraverso l’ascolto, partendo dal ragtime fino ad arrivare a quanto c’era di jazz contemporaneo negli anni ottanta e novanta.
Stiamo parlando dei tempi delle scuole medie e poi superiori, quando frequentavo il mondo dei musicisti locali pur non suonando ancora (facevo il mixerista) e quando cercavo di vedere più concerti possibile, a partire dal festival di Umbria Jazz.
Non saprei dire cosa trovai quando, a 11/12 anni, ascoltai e riascoltai quel disco per la prima volta, ma sono certo che, quello che ancora oggi mi affascina, sono le atmosfere ed il suono del gruppo che nasceva innanzitutto dall’uso del Fender Rhodes, il piano elettrico di cui mi innamorai e con cui iniziai poi a suonare anch’io, dal particolare sound del contrabbasso di Stanley Clarke, dalle percussioni sudamericane di Airto Moreira, dalla splendida voce di Flora Purim e, non da ultimo, dal sax e dal flauto di Joe Farrell, che si fondeva magicamente con i fraseggi e le armonizzazioni assolutamente personali di Chick Corea.
Ebbi la fortuna di ascoltarlo dal vivo proprio a Trento, nella mia città, quando partecipò ad un’edizione di “Itinerari jazz” con l’”Acustic trio” e, dopo il concerto, andai a salutarlo con il suo disco che più ho amato che mi autografò, augurandomi buona fortuna.
Non mi metto a descrivere la sua grande carriera musicale, che è passata attraverso alcuni album fondamentali di Miles Davis, un sacco di gruppi e collaborazioni che hanno portato alla registrazione di album che, talvolta, erano completamente nuovi, totalmente al di fuori di quello che si era già sentito. Oltre alle tre diversissime varianti della sua formazione giovanile, “Return to forever”, appunto, accenno appena a Stan Getz, Gary Burton, Herbie Hancock, le varie formazioni in trio, duo e solo piano, sempre ricche di sue composizioni originali che sono diventate brani “standard” nel mondo del jazz.
Dopo aver acquistato una marea di suoi dischi confesso che, nel corso degli anni, ho poi perso di vista il percorso musicale del maestro anche perché, esplorando il jazz dalle origini, mi sono appassionato ad altri musicisti che ho ascoltato ed analizzato con piacere.
Resta però il fatto che Chick Corea è stato il primo e che, quando ho letto della sua definitiva dipartita, mi è sembrato di aver perso qualche cosa che in qualche modo mi riguardava e, di conseguenza, ho fatto un salto nel tempo riprendendo in mano i suoi LP, che rimangono per onorare la sua memoria.