Di seguito riportiamo una splendida recensione che ci è pervenuta da Francesca Girardi, presente alla “prima” di “Le origini del cinema in Francia” ad Arco, al ristorante Veganima; grazie Francesca!
Nuove narrazioni musicali. Scene e spartiti si fondono l’uno all’altro. Musica e storia prendono vita.
“Le origini del cinema in Francia”, questo è il titolo della performance che vede la musica divenire interprete di scene cinematografiche.
Una serata dai binomi interessanti dove il gusto si è unito alla cultura e immagini di repertori storici si sono uniti alla musica, in una location particolare: un grazioso ristorante vegano che si è prestato perfettamente al tutto. Gli attori della performance erano, anche loro, due: Michele, pianista e autore delle stesse partiture, e Fabrizio, trombonista.
Già la breve introduzione dello spettacolo lascia trasparire l’idea di rappresentazione: mentre Michele, con il suo fare spontaneo e diretto, illustra lo svolgimento della serata, sullo schermo bianco alle sue spalle, la luce del proiettore, in attesa di avvio, riproduce i movimenti dando la sensazione che lo spettacolo sia già cominciato.
Diversi sono i cortometraggi proposti e l’inizio è dedicato ai padri del cinema: i fratelli Lumière. “Milan: Place du dôme” (Auguste e Louis Lumière 1896), un documentario della durata di un minuto che ritrae la vita della Milano di fine Ottocento. La folla, che riempie fisicamente la piazza, prende vita animandosi sulle note ritmate del pianoforte quasi fosse quest’ultimo a scandire il ritmo. Ecco poi giungere sulla scena il trombone che sembra coordinare la folla nel volerla spostare perché sta arrivando il tram. La durata della produzione è breve ma l’espressività musicale non solo ha dato voce ai 60 secondi ma ha anche trasmesso e reso attuale quell’atmosfera di un tempo.
A seguire “L’aveugle fin de siécle” (Alice Guy, 1898), un altro minuto dal valore storico che riproduce la comicità di un tempo passato. Semplice la trama: una guardia che scaccia un finto cieco il quale a sua volta deruba un passante addormentato su una panchina, travestendo poi quest’ultimo da se stesso per depistare la guardia. Inizia così una veloce, seppur breve, sequenza nella quale sono i dettagli a prendere vita: le basse note del trombone danno consistenza e struttura a un semplice fazzoletto bianco mentre il cammino di un cane è serenamente reso attivo dai tasti del pianoforte che danno l’impressione di accompagnarlo nel seguire, da simpatico spettatore, i momenti della rappresentazione.
Si passa poi a “Le voyage de Gulliver a Lilliput et chez les geants” (Georges Meliès 1902) e, come si può dedurre dal titolo, è la rappresentazione di alcuni episodi delle avventure di Gulliver. Immagini incredibili per la maestria con cui sono state girate, riescono a dare l’idea del gigante alle prese con la piccola popolazione di Lilliput e la musica fa da collante a queste proporzioni differenti, creando tra loro armonia. Il trombone è molto presente adattandosi alle varie scene. Dapprima è voce e pesantezza dei movimenti di Gulliver per poi essere interprete della sua pipa quando le stesse note sembrano travolgere il piccolo omino che si trova davanti al gigante, avvolgendolo nelle nuvole di fumo. La piccola popolazione di Lilliput prende vita attraverso il pianoforte che risponde ai movimenti di Gulliver e la velocità con cui le note si susseguono, accompagnano lo spettatore a seguire gli scambi tra i personaggi della storia.
Dopo altri tre corti, infine assistiamo a “Paris qui dort” (René Clair 1923), una rappresentazione un po’ più lunga rispetto alle precedenti ed è un esempio di trama fantascientifica dove è ritratta una Parigi che dorme profondamente dopo che, un’invenzione misteriosa, ha addormentato il mondo intero. Sono scene che ritraggono una staticità all’interno della quale si fanno strada pianoforte e trombone. La musica accompagna le inquadrature: in apertura il trombone sembra indirizzare la ripresa della torre Eiffel con un ritmo ascendente al quale segue il pianoforte che subito accompagna lo spettatore per la città, attraverso i passi del custode della torre, unico sveglio, che non capisce cosa sia successo. Le note paradossalmente danno vita alle espressioni di sorpresa e sconcerto di altri personaggi che, incredibilmente, sono sfuggiti al sonno. Ed ecco l’alternanza di note ora basse e rapide, ora delicate e lente attraverso cui i movimenti prendono forma. I dubbi dei sopravvissuti hanno voce e in una scena riescono perfino a rendere affollata una sala da pranzo, nella quale tutte le persone sono immobili. Successivamente il panorama dall’alto di una Parigi immobile è accompagnato dal trombone, dando l’impressione che sia quest’ultimo a dettare lo svolgimento delle riprese. Poi un rapido intervallo: le scene continuano, la musica si ferma e per qualche secondo il tutto è accompagnato da battiti di mani. L’atmosfera “piena” e viva di alcuni istanti prima, ora diviene più “rigida” senza però perdere la sua espressività, quasi a voler far percepire anche noi spettatori l’atmosfera surreale che stavamo osservando. Subito dopo tornano nuovamente a partecipare gli strumenti che accompagnano la fine della rappresentazione.
La serata si conclude con un fuori programma che vuole essere un omaggio verso chi ha ospitato la performance. Ha inizio una rappresentazione cinematografica, del genere fantastico, la cui trama è relativa all’arrivo degli umani su Marte, dove la popolazione è vegana. E qui è un tutt’uno di musica, scene e dialoghi che possono essere sì letti (grazie alla precisa traduzione in italiano) ma anche ascoltati attraverso Michele e Fabrizio, che hanno saputo magistralmente interpretare anche questa nuova sorpresa.
Arrivederci alla prossima performance.